Il 10 febbraio 2015 alle ore 21, Mater Vitae ospiterà il regista Enzo Caputo , che ha già tenuto il sorprendente laboratorio di lettura scenica nel dicembre 2014.
Nel corso dell’incontro verrà presentato il prossimo laboratorio e gli intervenuti potranno ricevere informazioni e chiarimenti direttamente dal maestro e giocare con la musica delle parole.
Perciò viene suggerito ai partecipanti di portare con sé un breve testo insieme ad una musica da associare secondo le loro personali preferenze nell’intento di dar vita al gioco collettivo ed individuale delle “Parole sonanti”
Durante la serata si consumerà il bio break Mater Vitae .
Apprezzeremo a fine serata una emozionante lettura proposta dall’attore Enzo Caputo.
Per informazioni e prenotazioni Giovanna Costa (338 3011550)
tragitti materici
Una delle domande più ricorrenti di un attore in erba, o di un lettore che si accinga a leggere pubblicamente è:
Come devo dire questa parola?
Sarei davvero felice se ogni lettore considerasse questo termine, non solo “parola singola”, ma anche un insieme di parole, che possono essere frasi corte, medie e lunghe, che nel teatro si chiamano in genere “battuta”.
Il lettore intende naturalmente che gli si sveli quale intonazione usare, quanto tempo di pausa utilizzare, ma soprattutto quanta enfasi caricare, oppure quale sia il modo giusto o sbagliato di dirla.
La mia risposta è sempre la stessa.
Non esiste un modo giusto o sbagliato.
Esiste un solo modo esatto per dire una parola in un determinato momento.
Nel momento successivo la stessa parola non può essere mai più detta allo stesso modo.
E quel modo non dipende da una scelta ben precisa.
Non dipende cioè dalla scelta dell’intonazione, non dipende dalla scelta dell’enfasi e soprattutto non dipende dalla scelta del tempo di pausa dalla battuta precedente o da quella successiva.
Allora come può un attore decidere come “recitare” una parola o una frase.
La risposta è molto semplice. L’attore non deve decidere. Mai.
Cosa voglio dire con questo. Voglio dire che la “scelta” non deve essere ragionata, non deve essere pensata, l’approccio alla battuta deve semplicemente perdere ogni condizionamento mentale.
Per entrare in questa condizione di non-scelta, basta esercitarsi per abituarsi a vincere l’istinto che ci porta a considerare il valore di una parola in base al suo significato.
Per valore intendo, naturalmente, sia il valore puramente letterario, sia quello squisitamente estetico.
Una parola singola, o un insieme di parole, una volta perso il significato, si riduce a quello che in realtà è la sua vera identità : un puro e semplice “suono”.
Questa è la disciplina a cui un attore deve votarsi quando fa rifermento appunto alla parola.
Considerare cioè il periodo, come un insieme di suoni che messi in sequenza compongono una frase musicale.
Un testo si dovrebbe trasformare in un vero e proprio spartito nel momento in cui viene affidato alla voce.
A questo punto non ci rimane che accordare lo strumento, che nel caso dell’attore si intende, naturalmente, il suo corpo, e iniziare a suonare.
Essendo però il teatro e la musica due discipline artistiche completamente diverse, esistono delle differenze sostanziali fra le due esecuzioni.
Nella musica, lo spartito contiene delle precise indicazioni, che dicono esattamente al musicista, per quale strumento è stato scritto,il quando, il come una nota deve essere suonata e specifica anche la sua durata temporale.
Nel teatro invece, il testo-spartito è solo un insieme di note che non contiene alcuna indicazione.
Lo strumento come abbiamo detto è il corpo stesso dell’attore, ed è suo esclusivo compito ricercare tutte le altre indicazioni che mancano.
L’altra differenza riguarda la flessibilità dell’esecuzione.
Il musicista suona una composizione finita e pronta per essere suonata, che sia scritta da altri o dallo stesso esecutore , essa ha come caratteristica, la rigidità. Ossia va suonata in quel modo e basta.
L’attore che ha dimenticato il significato della parola invece, può avere la possibilità di riscrivere il testo-spartito, può permettersi il grande privilegio di smontare e rimontare a suo piacimento le note indicate dal compositore, può diventare compositore egli stesso, e può vivere la meraviglia di suonare, pur usando le stesse note, una musica totalmente diversa ogni volta che lo desideri.