Tra i disegni inediti custoditi dal Centro studi “Michele Panebianco” spicca un policromo a matita, inchiostro e acquerello, di circa cm16 x cm10. La scena ritratta è nitida: si vedono figure di uomini, alcuni con elmo e armatura rinascimentale, posti ai lati di un altare all’interno di una basilica, mentre un cavaliere inginocchiato riceve da un prelato uno stendardo.
Lo stesso soggetto è sviluppato da Michele Panebianco in un’altra opera, presente nella Raccolta di stampe della Biblioteca Regionale di Messina, indicata come “Don Giovanni d’Austria riceve dalle mani dell’arcivescovo il vessillo del comando” (collocazione V C 4).
L’ambientazione rievoca un episodio storico: l’arcivescovo Giovanni Reitana, nel Duomo di Messina, nella piena estate del 1571, solennizza e benedice la presenza a Messina della potente flotta cristiana che – mossa guerra per mare all’Impero ottomano – prese il largo dal porto sullo Stretto e, sotto il comando di don Giovanni d’Austria, andò verso il nemico. Lo scontro decisivo avvenne al largo della città di Lepanto, nel Golfo di Corinto, domenica 7 ottobre 1571.
Oltre ad essere il porto di imbarco della spedizione militare, Messina accolse la flotta vittoriosa, nei primi giorni del novembre successivo. In onore del condottiero la città commissionò al Calamech una magnifica statua di bronzo, che sul basamento effigia a rilievo le varie fasi di quella famosa battaglia. Il monumento a don Giovanni d’Austria – che nel corso dei secoli ha subito mutilazioni e variazioni di collocazione – mostra il condottiero in atteggiamento di calpestare la testa al Turco. Calamech ideò anche un altro monumento, eretto a ricordo della vittoria di Lepanto: la Porta d’Austria, “fabbricata con ricca e assai bella struttura” (come testimonia il coevo Giuseppe Buonfiglio), andata distrutta nel 1853. La Porta d’Austria – riproducente l’Arco per il quale il condottiero era entrato trionfalmente in città – fu presumibilmente raffigurata da Michele Panebianco, che più volte prese a soggetto Giovanni d’Austria, per un progetto generale di decorazione ispirata alle sue gesta e al celebre scontro navale, che segnò la fine dell’espansione turca in Occidente.
La battaglia di Lepanto significò la vittoria della Cristianità contro il Turco e suscitò grande entusiasmo. Papa Pio V istituì la festa di ringraziamento in onore di Nostra Signora della Vittoria, da rinnovarsi ogni anno; il suo successore, Gregorio XIII ne fece la festa del Rosario, ricorrente la prima domenica di ottobre.
Michele Panebianco, prendendo spunto da un episodio storico decisivo, sviluppò con i suoi disegni un tema risorgimentale – la difesa della patria in pericolo – un concetto comunemente presente nelle narrazioni che precedettero e immediatamente seguirono l’Unità d’Italia. Visto da questa prospettiva risorgimentale, Giovanni d’Austria rappresenta l’eroe che soffre e affronta i pericoli per levare in alto le insegne in difesa dell’indipendenza, contro chi attenta alle libertà della patria. Attenzione meritano i colori usati da Panebianco: il giallo e il rosso (simboli di Messina) e il verde (in omaggio alla la Sacra Milizia dei Verdi, la compagnia confraternale che combatté nel medioevo i Saraceni).
In tempi a noi più recenti, in cui tanto si parla di scontro di civiltà e di affermazione dei valori della Cristianità, il tema della battaglia di Lepanto ha avuto una ripresa, come dimostrano le manifestazioni pubbliche e i cortei storici che hanno luogo in varie città e, da una decina d’anni a questa parte, anche a Messina, dove, per la verità, nel 1903 iniziò una rievocazione storica, ma differente da quella attuale: adesso si celebra la partenza della flotta cristiana, mentre nel 1903 il corteo rievocava la vittoria conseguita a Lepanto.
Il corpus delle opere , sinora custoditi in collezione privata, presto sarà reso noto dal Centro Studi Michele Panebianco, che ha dato incarico di studiare la figura e l’opera del grande artista accademico nel contesto della sua epoca.
Il Centro è dotato di 1200 opere inedite messe a disposizione dal collezionista .