A Messina a metà agosto 1842 si svolsero grandiose feste con sfolgoranti luminarie. Il pittore Michele Panebianco realizzò alcuni trasparenti, cioè tele retro illuminate, dai colori vividissimi, che adornarono le primarie strade cittadine. I disegni avevano carattere storico ed erano a tema cavalleresco: vi apparivano spade ed elmi, fregi e armi.
Accanto al Monastero dei cassinesi fu disteso, da punta a punta, il trasparente che rappresentava don Giovanni d’Austria che, prima di partire per Lepanto, nella luce augusta del duomo di Messina, dalle mani dell’arcivescovo riceve lo stendardo, che era stato già benedetto dal pontefice Pio V.
Nella dritta e ampia via Ferdinanda, all’altezza del Piano di San Francesco di Paola, vicino al palco della musica appositamente allestito per i festeggiamenti, vi era il trasparente che rappresentava il ritorno che fecero a Messina da Gerusalemme gli ambasciatori a cui Maria aveva consegnato la Lettera, di protezione divina per i messinesi. La complessa composizione decorativa – che includeva marinai e popolo, centurioni e militi, con il paesaggio dello Stretto e i monti calabri sullo sfondo – vedeva in primo piano la nave ormeggiata e l’Apostolo Paolo, con accanto a uno dei primi vescovi della chiesa messinese, Bachilo, mentre una tenera figura di madre innalza sulle braccia il suo bimbo con richiesta di benedizione. Tommaso Aloysio Juvara dal disegno ne trasse una litografia.
Nel quartiere in cui, al tempo della Guerra del Vespro, i messinesi umiliarono gli Angioini, fu apposto un trasparente ideato e disegnato dal Panebianco ( ma dipinto da altri) che rappresentava l’entrata gloriosa a Messina del conte Ruggero Normanno, conquistatore della Sicilia musulmana (Mariani ne trasse poi una litografia). Il tema iconografico – primario nel mondo normanno, ma anche per la storia della città – fu trattato da Panebianco con ampia libertà, nel senso che egli introdusse forzature e anacronismi che furono subito segnalati dai suoi contemporanei. Un ragguaglio di tutto ciò lo daremo in seguito. Basti adesso soltanto dire che Ruggero brandisce una bandiera che reca una croce anziché la tradizionale immagine della Madonna. Perché Panebianco fa questa sostituzione? La presenza del sovrano a Messina (il 12 agosto 1842 giunse in città re Ferdinando II di Borbone) spinse forse l’artista a rivedere sotto l’ottica del “patriottismo religioso” un episodio della storia medievale che alludeva all’’unità monarchica del Mezzogiorno e alla Apostolica legazia (una delle prerogative della monarchia sicula) introdotta nel 1098 con bolla di papa Urbano II consegnata proprio a Ruggero gran conte di Sicilia. Panebianco, in sintesi, simboleggiò e rivendicò il potere della monarchia sulla Santa sede.
Dieci anni dopo, nel 1852, re Ferdinando II di Borbone tornò ancora una volta a Messina. In quell’occasione Panebianco realizzò un trasparente che, riprendendo lo stesso tema iconografico, aveva il medesimo titolo. Soltanto un raffronto stilistico tra i due trasparenti potrà indicare se la rivoluzione del 1848, che si inframmezzò, fece mutare prospettiva stilistica e politica al Panebianco.
Il corpus delle opere , sinora custoditi in collezione privata, presto sarà reso noto dal Centro Studi Michele Panebianco, che ha dato incarico di studiare la figura e l’opera del grande artista accademico nel contesto della sua epoca.
Il Centro è dotato di 1200 opere inedite messe a disposizione dal collezionista .